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Posts written by Axum

view post Posted: 2/9/2016, 07:02 Ho bisogno di un parere - Tuba Beante
Ciao Miciottina, e ciao Chicca !

Ho trovato qui una serie di manovre consigliate per tentare la liberazione funzionale della tuba nei casi in cui ci siano residui, nonostante l'asportazione del "grosso".
Tempo addietro, anch'io ho sofferto temporaneamente di quel fastidioso "rimbombo", ed è una cosa che mi provocava un misto tra rabbia e frustrazione. Una di quelle volte, quando mia figlia (piccola, all'età di 12 anni) mi parlava, mi sembrava di avere una sua miniatura seduta nel mio padiglione auricolare. Lì per lì mi divertivo, ma a lungo andare mi deprimeva. Quell'attacco mi durò circa una settimana, ma non era otite, né accumulo di materiale, né null'altro di infettivo; non ero neanche raffreddato... Boh?

Sporadicamente, quando mi capita, per un'ascesa troppo rapida (ascensori molto veloci) o viaggi in posti al di sopra dei 2000 m., risolvo così: premo il palmo della mano contro il padiglione, come a simulare uno sturalavandino, e poi lascio di scatto. 9/10 funzica; mi libera.

Nella stessa pagina, parlano anche di un microintervento chirurgico e annesse precauzioni tramite "un "respiratore auricolare". :hmm:
view post Posted: 4/11/2015, 21:07 Dubbio Amletico: é è - Ortografia
Strana? Storta?
Nient'affatto: sei soltanto abituata alla tua cadenza regional-dialettale. Anche mia moglie è lombarda, varesina, ed è come teè. Infatti: te [non la bevanda] si dovrebbe pronunciare té. Così come tre e me [tré, mé...].
I siciliani aprono tutte le O (dottòre, professòre, per favòre...) e non conoscono l'uso della S sonora di: smalto, svolta, elisione, confusione... Fanno come gli anglofoni; anche loro non la usano.
I sardi fanno il contrario: chiudono le O ma usano molte S sonore.

Forse, senza volerlo, hai spiegato il perché - in fonetica - i due accenti hanno quei nomi sbagliati: acuto e grave. Giustamente, come tu dici, l'acuto di: poiché, perché ecc., invece di andare verso l'alto, va in basso, mentre il grave (di tè) va verso una tonalità più alta, più acuta. -_-
view post Posted: 1/11/2015, 00:22 Dubbio Amletico: é è - Ortografia
Dico la mia, riportando esattamente ciò che sto pensando in questo momento:
quella [é], usata per il verbo in terza, è un dannato vezzo (sciocco) che ho visto usare un mucchio di volte. Avrà un suo significato, forse l'appartenenza a una setta... :D Ma è solo, semplicemente, errato.
Chi crede che usando quella [é] sia un tipo originale, dovrebbe rivedere il suo personalissimo significato di "originalità". :D

Sono d'accordo con la felina: I telegiornalisti... Che Khaless ce ne scampi e liberi !
Quelli che parlano con dizione perfetta sono gli attori di doppiaggio: i miei attori preferiti.
view post Posted: 31/10/2015, 00:17 L'interpunzione - Ortografia
Sei un vulcano di Vulcanooo! Sono dieci minuti che mi sto sbellicando dalle risate. :lol: :lol: :lol:

Le descrizioni? Ne parlo in un modo che forse rimane impresso. Dico loro: cos'è, la lista della spesa?
Poi mi rimetto in modalità serio e spiego che se solo uno di quei dettagli non avrà – in seguito – un motivo valido per esistere, il lettore tenterà di strangolarti, perché il lettore attento è affascinato dalle aspettative risultanti dalla X descrizione. Se non lo fai, lui s'imbufalisce. Show, don't Tell. È una di quelle cose ultra difficili da far capire, perché pensano che mostrare significhi scrivere sui dettagli. :sick:
Per continuare, uso la metafora del tessuto, della benedetta trama, e spiego che ogni dettaglio o descrizione inutile si trasforma in una sfilacciatura; e le sfilacciature non piacciono a nessuno, nemmeno agli straccioni.
Poi, per accanirmi, uso questa premessa: giacché ogni forma d'arte nasce dal vergare di un calamo, per fare un film serve dapprima una penna.
I registi, quando un dettaglio è importante fanno un primissimo piano, proprio sul dettaglio. Poi, durante il prosieguo, lo ripescano e lo fanno diventare un fattore determinante. Se il regista fa un primissimo piano sulle scarpe, o sui lunghi capelli biondi, lisci e setosi che le scendevano lungo la schiena diafana... e poi non li fa valere per i fatti del film, allora lo spettatore si mette a fischiare all'italiana!

Ossignur, come mi diverto parlando di queste cose con te. :lol:
view post Posted: 30/10/2015, 21:06 L'interpunzione - Ortografia
Carissimi,

l'argomento è spinoso ma non fa male alcuno; non punge.


Il punto e virgola

Ecco, nella frase sopra, il meno conosciuto tra i segni d'interpunzione: il punto e virgola. Ormai risibili le altre sue, obsolete, definizioni: punto coma e punto acuto.
A titolo di mero compiacimento, c'è da dire che il segno nasceva così: .,

Sebbene in via di estinzione forzata, il punto e virgola (in seguito: p.v.), fa "stile" poiché aggiunge leggibilità e ci dà più strumenti da usare.
In tempi ormai remoti si usava principalmente nelle locuzioni sostantivali:
Carta da giornale; colla di farina; acqua pulita; sole e tanta lena. Ecco gli ingredienti per la cartapesta!

Oggi funge da - ottimo - separativo nei periodi "tutto d'un fiato"; eccolo con uso estremizzato:
Scrivevo come un fulmine; le dita scorrevano autonome; i pensieri fluivano limpidi e numerosi; erano lineari; giungevano come onde costanti; ieri mi sentivo uno scrittore.

Così come nella frase iniziale, in quest'ultima abbiamo usato il p.v. anche per concludere, per focalizzare nell'ultima frase il concetto che spiega l'anima di tutto il periodo. Possiamo usarlo, dunque, prima della frase conclusiva qualora la stessa abbia le vesti del riassunto di ciò che vogliamo - accoratamente - trasmettere al lettore.

In altri casi la frase conclusiva, preceduta dal p.v., sarà una sorta di chiarimento rafforzativo per tutto ciò che abbiamo scritto prima:
Era stanco perché aveva camminato a lungo. Sentiva che le gambe l'avrebbero abbandonato presto, ma doveva proseguire; mancavano soltanto cinquecento metri.
In questa, il p.v., ha funto da: "poiché", e ha rivelato quel che ha spinto il soggetto al sacrificio, ovvero: camminare a lungo, senza mai fermarsi.

Non siamo obbligati all'uso del punto e virgola; possiamo farne a meno tutte le volte in cui ci sentiamo insicuri sulla buona collocazione. Usiamolo come il sale: quanto basta, e solo nei casi in cui pensiamo che possa aggiungere scorrevolezza.




Il punto fermo

Non è mai un "optional" poiché si tratta del segno più importante.
Quando una proposizione principale ha molte subordinate, ci faremo del bene se useremo il punto a favore della concentrazione del lettore.

Prima versione:
Doveva spiegare a sua nipote il motivo della prolungata assenza, e disse al giardiniere di attendere fuori dalla porta e magari tagliare l'erba cosicché il frastuono della tosatrice coprisse le parole che intercorrevano tra lui e la parente preoccupata da ciò che la ragazza aveva interpretato come la scomparsa dello zio preferito che, secondo lei, si era allontanato a causa sua.

Seconda versione, con la tecnica della separazione:
Doveva spiegare a sua nipote il motivo della prolungata assenza. Disse al giardiniere di attendere fuori dalla porta e magari tagliare l'erba. In tal modo il frastuono della tosatrice avrebbe coperto le parole che intercorrevano tra lui e la parente preoccupata. La ragazza aveva interpretato la scomparsa dello zio preferito con un'idea: si era allontanato a causa sua.

Nulla che stia alla destra di un punto fermo potrà iniziare in minuscolo




La virgola

Detta anche piccola verga, la virgola rappresenta uno dei segni più importanti poiché offre una versatilità considerevole. Ciò non significa che "possiamo usarla come ci pare", bensì: "offre il più gran numero di applicazioni". Tuttavia, è il segno più ambiguo e meritevole di attenzione.
La virgola separa e unisce, sottolinea il senso logico delle frasi, lo determina, segnala le pause brevi, isola gli incisi, evidenzia le singole parole, suggerisce al lettore il tono della voce, e quando non c'è... lampeggia.

Una virgola, se mal collocata, è in grado di stravolgere l'intero senso di una frase e, talvolta, quello di un intero periodo, compresi i concetti intrinsechi.


Esaminiamo:
Il conte Vlad si nutriva, di sangue umano e bovino, era l'unico cibo per i vampiri affamati. Usciva dal giaciglio, allo scoccar della mezzanotte, le vittime, impaurite, tremavano, nei vicoli bui della città.

Quella punteggiatura segnala che:
Il conte Vlad si nutriva, (sì, lo fanno tutti)
di sangue umano e bovino, (egli era un mezzo sangue, un ibrido tra uomo e toro)
era l'unico cibo per i vampiri affamati. (il conte, verosimilmente il suo corpo, rappresentava l'unica fonte di cibo per qualsiasi vampiro in stato di digiuno. Non dunque un predatore, bensì l'unica preda... per i vampiri.

Egli, a causa della prima virgola, non è Dracula il transilvano bensì un succulento, nonché sfortunato, minotauro, titolato conte, corrispondente al nome: Vlad. Usciva dal giaciglio, (certo, per andare in giro, doveva pur farlo)
allo scoccar della mezzanotte, (be', sì, alle 0:00, ma, caro scrivente: cosa succede alle 0:00? La tua terza virgola ha interrotto il discorso e ha fatto sparire il soggetto della frase)
le vittime, impaurite, tremavano nei vicoli bui della città. (ah, forse il soggetto è le vittime. Se sì, allora: non prima, né dopo la mezzanotte, soltanto in quei pochi secondi, forse: le vittime, impauirite... da chi o da che cosa, da Vlad la preda? Ma no, il soggetto, stando a quel che segue, non è "le vittime". Insomma: chi erano quelli che... tremavano nei vicoli bui della città?

Facciamo un po' d'ordine:
Il conte Vlad si nutriva, di sangue, umano e bovino,: era l'unico cibo per i vampiri affamati. Usciva dal giaciglio, allo scoccar della mezzanotte,. l Le vittime, impaurite, tremavano, nei vicoli bui della città.

Scremato, senza le cancellature e senza le sostituzioni:
Il conte Vlad si nutriva di sangue, umano e bovino: era l'unico cibo per i vampiri affamati. Usciva dal giaciglio allo scoccar della mezzanotte. Le vittime, impaurite, tremavano nei vicoli bui della città.

Ora significa che:
Il conte si nutriva, senza far lo schizzinoso, di sangue umano e di sangue bovino. Allo scoccare della mezzanotte si levava dal giaciglio. Le vittime potenziali, vedendolo, si impaurivano, tremavano e si nascondevano nei vicoli bui.

Esiste un metodo che ci facilita la certezza in fatto di posizione delle virgole:
Tutto ciò che sta all'interno di due o più virgole dovrà risultare omissibile (cancellabile) senza che la frase o il concetto subiscano interruzioni della compiutezza


Facciamo qualche esempio:
Il sole, lucente corpo celeste, fonte di vita e di energia, nella sua grandezza, fisica e ispiratrice, è una stella come tante.

Il sole, lucente corpo celeste, fonte di vita e di energia, nella sua grandezza, fisica e ispiratrice, è una stella come tante.

Il sole, lucente corpo celeste, fonte di vita e di energia, nella sua grandezza, fisica e ispiratrice, è una stella come tante.

Il sole, lucente corpo celeste, fonte di vita e di energia, nella sua grandezza, fisica e ispiratrice, è una stella come tante.

Il sole, lucente corpo celeste, fonte di vita e di energia, nella sua grandezza, fisica e ispiratrice, è una stella come tante.


Alan cercò Lesley, la sua amica di sempre, per ringraziarla. Le doveva molto.

Alan cercò Lesley, la sua amica di sempre, per ringraziarla. Le doveva molto.

Alan cercò Lesley, la sua amica di sempre, per ringraziarla. Le doveva molto.

Alan cercò Lesley, la sua amica di sempre, per ringraziarla. Le doveva molto.


I due si avvicinarono, erano minacciosi, ma Gus seppe tenerli a bada. Non era quella la prima volta in cui, con le sole parole, lui aveva avuto la meglio.

I due si avvicinarono, erano minacciosi, ma Gus seppe tenerli a bada. Non era quella la prima volta in cui, con le sole parole, lui aveva avuto la meglio.

I due si avvicinarono, erano minacciosi, ma Gus seppe tenerli a bada. Non era quella la prima volta in cui, con le sole parole, lui aveva avuto la meglio.

I due si avvicinarono, eErano minacciosi, ma Gus seppe tenerli a bada. Non era quella la prima volta in cui, con le sole parole, lui aveva avuto la meglio.

I due si avvicinarono, erano minacciosi, ma Gus seppe tenerli a bada. Non era quella la prima volta in cui, con le sole parole, lui aveva avuto la meglio.

I due si avvicinarono, erano minacciosi, ma Gus seppe tenerli a bada. Non era quella la prima volta in cui, cCon le sole parole, lui aveva avuto la meglio.


I due punti
Alessandro Baricco ci concede: "il duepunti".


Lo definisce così: una micro sospensione del tempo e una solenne apertura a qualche mondo parallelo.
Come dargli torto? Parola sua, detta a modo nostro: questo segno di interpunzione nacque nel momento in cui si volle creare un nuovo strumento per aprire i dialoghi diretti. Con la complicità delle virgolette si ebbe il modo di dare voce ai parlanti. Tuttavia il metodo: duepunti, apri virgolette è pressoché scomparso.

Il duepunti: annuncia, promette, prepara, e amplia la percezione del concetto.


Immediato, un esempio di buon uso del duepunti. Pensate: questo autore, al tempo, aveva 13 anni.
Si tratta dell'incipit.

Non c’era dolore; neanche un po’. Jimi aveva sempre immaginato la morte così, ora sapeva che non si era sbagliato: la morte era quiete, nient’altro che silenzio.
~~~
L'autore ci prepara con una negazione che, al tempo stesso, ci mantiene sereni: l'assenza di dolore fisico. Immediatamente dopo ci "ribalta" con la più tetra delle parole. Da ultimo, con l'uso del duepunti, ci spiega cosa sta accadendo, e lo fa con estrema chiarezza, con pochissime parole, ampliando il pensiero del suo personaggio: ecco cosa succede oltre la vita.

A ruota, quest'altro ne aveva 14.
Pensare che un tempo ero buona. Io volevo bene a tutti, anche a quelle bambine, sì: io andavo al catechismo, frequentavo la chiesa, ma io ci credevo.
~~~
Il personaggio fa un excursus del suo passato; ricorda com'era. Poi l'autore, con perizia, usa un bell' "Io" iniziale, tipico del parlar degli infanti, ci conduce ad un'affermazione netta e... bang, lancia la confessione del personaggio attraverso il duepunti, che si presta come fosse un varco, uno sbocco: voleva bene a tutti, anche se, al contrario di lei, le altre bambine andavano in chiesa per mera inerzia.

Potremmo usare il duepunti più volte – anche di seguito – nel medesimo periodo, ma sarà meglio non farlo, perché il lettore perderebbe il filo, poi la concentrazione, e passare a un altro svago a cavallo di uno sbadiglio.


I trattini lunghi per l'inciso

L'inciso è delimitato da due trattini lunghi e spaziati; sostituisce con eleganza le parentesi ma non sempre. L'unica accortezza, per far sì che il lettore non perda la preziosa concentrazione, consiste nel mettere all'interno dell'inciso una, due, talvolta tre o quattro parole, e l'eventuale punteggiatura che potrebbe aiutare la composizione dello stesso.

Esempio:
Il re di quella terra – eredità paterna – proclamò nuove leggi a favore dei sudditi. Pertanto visse a lungo e in pace. La regina gli donò sette figli – tutti leciti –, due dei quali erano maschi, entrambi potenziali eredi al trono. Il vecchio scelse il più saggio, e affidò al più impulsivo la cura delle scuderie finché – anch'egli – non ebbe dimostrato l'assennatezza che si addice ad un principe.


Le parentesi

Come fossero le ganasce di una pinza, le parentesi meritano la costante chiusura, ovvero: useremo sempre quella di apertura e quella di chiusura.

Croce e delizia, le parentesi sono la dannazione dei lettori frettolosi.

Un contenuto in parentesi, che risulti molto lungo, genera tedio anche nei lettori più pacati. Usiamole in dosi "umane".
Tuttavia, nella narrativa, potremmo, anzi, dovremmo privarcene del tutto, sia perché fanno sembrare il testo alla stregua di un manuale, e sia perché trasmettono una sorta di tono confidenziale "tu ed io", sussurrato.
Come sappiamo, a meno che il libro non comprenda un'autentica voce narrante, dichiarata fin dall'incipit, dovremmo evitare le parentesi perché "smascherano colui che scrive", trasformandolo in un commentatore di sé stesso, di quel che egli pensa in modo diretto. Lo scrittore dev'essere invisibile; deve parlare e mostrarsi esclusivamente attraverso i suoi personaggi, altrimenti "buca la bolla dell'immaginazione" e trasforma il libro in una "chiacchierata" tra chi scrive e chi legge.
Ecco un tentativo per tradurre il concetto:
Quel giorno a Parigi c'era caldo (ma di solito faceva freddo) e Jean pensò di recarsi al mare. Partì per Marsiglia e raggiunse la spiaggia (sporca e in disordine). Il ragazzo, senza indugiare, si tuffò nell'acqua bassa e batté un ginocchio (c'erano gli scogli, sul fondo).

Ora riflettiamo: quanto può essere inopportuno un autore che "ti parla all'orecchio", lasciando in secondo piano il suo stesso personaggio? In quei casi sembra di essere in due, più i personaggi veri. Come facciamo ad entrare nella magica bolla dell'astrazione che un buon libro sa creare?
Se siamo d'accordo, allora questo è ciò che possono generare le parentesi in un racconto, o in generale, nella costruzione di un qualsiasi narrato.

Magari risulta migliore in quest'altro modo:
Quel giorno, anziché il solito freddo, a Parigi c'era caldo, e Jean pensò di recarsi al mare. Partì per Marsiglia e raggiunse la spiaggia, a malincuore la scoprì sporca e in disordine. Il ragazzo, senza indugiare, si tuffò nell'acqua bassa e batté un ginocchio sul fondo; c'erano gli scogli.


Una citazione quasi bicentenaria:
G. Leopardi, che scriveva nel 1820 a Pietro Giordani: Io per me, sapendo che la chiarezza è il primo debito dello scrittore, non ho mai lodata l'avarizia de' segni, e vedo che spesse volte una sola virgola ben messa, dà luce a tutt'un periodo. Oltre che il tedio e la stanchezza del povero lettore che si sfiata a ogni pagina, quando anche non penasse a capire, nuoce ai più begli effetti di qualunque scrittura.


Fonte autonoma (me medesimo).
view post Posted: 29/10/2015, 21:30 L'importanza dell'ortografia - Ortografia
Non che la sfida non mi piaccia... :D

Vado a nutrirmi.

Miaaao ... ehm... Ciaaao!
view post Posted: 29/10/2015, 18:32 L'importanza dell'ortografia - Ortografia
CITAZIONE (MicioGatta @ 28/10/2015, 22:52) 
Ho scorso il tuo trattato, ottimo, grazie. Purtroppo credo che nel mondo odierno la cura della Lingua sia vista un po' come una "roba da pallosi", come tutta la cultura, in generale. E da lavotraice della cultura mi spiace davvero molto. C'è di buono per l'Italiano che nessuno si vanterà mai di non saperlo o di essere stato pessimo a scuola in Italiano, cosa che invece la gente fa con la Matematica e l'Inglese: vi è mai capitato? A me spesso, gente che ti guarda ridendo: "Ah, ah, davvero sei laureata in Informatica e insegni matematica? Ah ah, io ero ero una capra in Matematica, mi stava sulle balle! Ah ah! E non so proprio una parola d'Inglese".... Cosa te ne vanti???? Siamo nel 2015, ignorante!

:lol:
E tu lasciali fare. Lascia che pensino alla cultura come qualcosa di palloso; in un paio di generazioni saranno diventati come i pronipoti dei coloni in "Terra Nova".
Quando matureranno, e si confronteranno con gli abitanti degli altri Stati, sapranno quanto sarà facile, per gli altri, colonizzare gli insipienti... in tutti i sensi.

CITAZIONE
Mi pare, così dopo aver scorso la lista, di attenermi a tutte le regole, tranne (consapevolmente!!) a quella dei tre punti di sospensione, io ne uso 4 e sono consapevole che è sbagliato, ma su questo, per chi legge i miei racconti, dovrà chiudere un occhio.

So anche questo; me lo ricordo benissimo. È una questione di scelta stilistica, e tu puoi. Da brava vulcan tu usi la logica, ergo la coerenza.


CITAZIONE
Lo stesso vale sulla punteggiatura del discorso diretto: lo so che in certi casi, secondo lo standard "precisetto", io la uso sbagliata, ma ho una logica mia, che è appunto tale, cioè logica, a cui mi attendo sempre, senza eccezioni. Diciamo che nessuno mi ha mai dato delle regole fisse e logiche e quindi me le sono costruite da me (ritrovandole, per altro, negli scritti di altre persone!)

Neanche la Crusca ha mai dichiarato regole "matematiche" su questo argomento (salvo quelle di base), e Umberto Eco è stato colui che ha dimostrato come la virgola dopo le congiunzioni ha un meraviglioso effetto di cadenza, di ritmo, di musicalità, sia nel diretto che nella voce narrante. Sto dicendo che altri, prima di lui, lo facevano già ma è riuscito ad imporsi, tracciandone uno stile innovativo che gli dà ragione a palate.
Quando ti posterò il pezzo sull'interpunzione, vedrai che – almeno – una regola logica c'è: qualsiasi tratto che si trovi tra due virgole dovrà risultare sempre cancellabile, senza nulla togliere al senso compiuto della frase, fino al raggiungimento del punto fermo.


CITAZIONE
In pratica la mia idea è che dentro alle virgolette (rigorosamente «», che mi piacciono di più!) la frase è compiuta e a sé stante, quindi necessita di tutta la punteggiatura di cui avrebbe bisogno in caso non fosse tra «». Esempio: «Quant'è tenera F'Ral.» disse Hoshi. Se ben ricordo (ma avendo inventato regole mie proprie non ci giurerei) il punto all'interno delle «» non dovrebbe esserci, ma dato che per me quella è frase compiuta e se fosse un discorso indiretto vorrebbe il punto, io il punto ce lo metto e non metto la maiuscola dopo perché le «» "assorbono" la frase all'interno, come se fosse un complemento oggetto. Se ci fosse il "!" sarebbe corretto, no? «Quant'è tenera F'Ral!» disse Hoshi. Giusto o sbagliato che sia, questa è un'altra di quelle cose che io userò così e stop.

Come darti torto? Anche questa è una scelta di stile. Ma hai anche ragione dal punto di vista logico (ho scritto un pezzo anche su questo argomento). L'uso che ho fatto del punto all'interno delle sergenti è una mia resa personale davanti a decine di scelte editoriali che vedo in un mucchio di libri. Non è corretto, ma lo fanno. I ragazzi mi chiedono: ma perché in molti romanzi vedo che il punto sta nelle virgolette? Rispondo come sopra.

Di questi tempi ne vedo spesso un'altra: il diretto esposto così:
– Ma dove vai?
– A farmi un sonnellino! Rispose l'altro.

Si è diffuso, quasi dilaga, ma non mi piace, neanche un po'! :hmm:


CITAZIONE
Stesso discorso, forse in parte derivato dall'uso Inglese, per le maiuscole (lo ammetto, ne uso parecchie, ma in fondo perché no?). Se la parola usata è un aggettivo va minuscola, ad es. "T'Pol è una scienziata vulcaniana". Se è nome va maiuscola: "La Vulcaniana si sedette al timone." Lo stesso vale per Terrestre.

Ineccepibile. :mieialunni:


CITAZIONE
Concordo sul "se stesso / sé stesso", anche se io preferisco usare sempre l'accento (come mi ha insegnato il mio prof di Italiano a suo tempo, motivandolo), soprattutto perché ormai si scrive quasi sempre a computer e, in teoria, "sé" andrebbe accentato se "stesso" va a capo, cosa quasi impossibile da sapere a priori in qualsiasi cosa si scriva al computer. Inoltre anche qui, mi ripeterò, subentra ancora la logica: ha devvero senso togliere l'accento e complicarsi la vita?

Lo faccio anch'io: accento = sempre. La scelta di non usarlo (primi due esempi, non in verde) proviene da una concessione che davano alla Crusca, ma io non ci sto: la regola deve vincere, quindi accento, sempre. Ecco perché mi sono dilungato con le casualità contestuali.

CITAZIONE
[...]
Ho un dubbio su "sta". Secondo me (ma potrei sbagilarmi, errare è umano e la mia parte felina è solo metà, purtroppo) dovrebbe avere l'apostrofo in caso di verbo alla 2^ persona singolare imperativa, in quanto contrazione di di "stai": "tu sta' lì tranquillo". Chiedo lumi.

Mi auto-cito:
CITAZIONE
... nascono e vivono così poiché, nel tempo, l’imperativo ha perduto anche l’apostrofo.

Quella che era una regola ineludibile, ora appare come un vezzo.


CITAZIONE
Virgole: attendo il tuo "bigino".
[...]

Lo farò.

LL&P \\//_
view post Posted: 28/10/2015, 22:27 Son semper mi - Benvenuti!
Ciaaao ! :gym:

Lo so che insegni alla Primaria; ricordo ancora quanto non fossero i bambini a farti tribulare, quanto qualcuno dei presenti a Palazzo Chigi. :lol:

Darò un'occhiata appena mi libero un po'.


Per FacciaLibro: ne sono uscito, non so quanti anni orsono, e non ho intenzione di rimetterci i tasti, mai. :ph34r:

BuonTuttooo !!!
view post Posted: 28/10/2015, 19:47 alchè o al che - Ortografia
Giacché alchè non è contemplato in alcun dizionario, resta da capire cosa si vuole esprimere con l'uso di al che.
Mi feci avanti, al che le dissi ciò che pensavo.

Non potei farne a meno, al che ripresi a fumare.


In ognuna delle due frasi al che significa: a quel punto, in quell'attimo, in quel preciso momento, giunti a quel tratto dell'esistenza.

Ecco la mia banalità di oggi: se una parola (tutt'attaccata) non ha riscontri nel librone polveroso menzionato da MicioGatta, significa che quella parola non è corretta, oppure fa parte di uno "slang" che può valere a voce, ma non per iscritto. :D
view post Posted: 28/10/2015, 19:12 L'importanza dell'ortografia - Ortografia
Carissimi,
ecco un altro pillolone che potrebbe tornare utile a qualcuno, e forse a nessuno. ;)

Torniamo a... scquolla


Ortografia è
... cura dell'aspetto.

La buona ortografia è come la cura della persona: genera credibilità e fidelizza il lettore in poche righe, fin dall'incipit.
A monitor, o su altri display grafici, presi da mille attrattive simultanee, la concentrazione in lettura è fragile, e andrebbe temprata con una scrittura "normale".
Che cos'è?
Si tratta della scrittura che troviamo nei libri di rispetto, sede in cui l'ortografia sfiora o raggiunge la perfezione.

Parliamone
Le congiunzioni
che terminano con E accentata meritano tutte il segno acuto:

poiché
perché
nonché
benché
giacché
allorché
affinché
ancorché
anziché
fuorché
finché
[... ...é]

Ahimè, esclamazione, merita un'eccezione: il suo accento è grave.


Qual è la forma corretta?
sì: perlopiù (consigliato)
sì: per lo più (ugualmente corretto ma meno efficace per l'immediatezza grafica)

sì: perlomeno (consigliato per l'immediatezza grafica).
sì: per lo meno (ugualmente corretto ma meno efficace per l'immediatezza grafica).

sì: tantomeno (consigliato)
sì: tanto meno (più arcaico ma ugualmente corretto).

sì: meno male
no: menomale

sì: ce n'è, ce n'era, ce n'erano
no: ce nè, cenera, cenerano
no: ce né, cen'era, cen'erano

sì: qual è, qual era
no: qual'è, qual'erano
no: qualè, qualerano

sì: ventenne
no: vent'enne

sì: vent'anni
no: ventanni

sì: tutt'al più
no: tutt'alpiù
"ni": tuttalpiù (sconsigliato: ugualmente corretto ma raro, desueto).

sì: un altro (altro è maschile e, senza alcuna elisione, merita l'indeterminativo tronco: un).
no: un'altro
sì: un'altra
no: un altra (altra è femminile, dunque occorre l'elisione tramite apostrofo).

sì: un'eco (eco, provenie dal nome della semidea Eco. Il fenomeno della rifrazione acustica mantiene, in suo onore, il femminile. Eco, a causa del suo eccessivo e malefico spettegolare, fu punita dal padre, che dapprima voleva renderla muta. Poi, per compassione, ridimensionò la condanna e le concesse la capacità di ripetere soltanto l'ultimo frammento delle frasi che ascoltava, o che voleva ella stessa pronunciare. Pertanto, anche l'aggettivo per eco sarà femminile: un'eco lontana, un'eco lunga, un'eco chiara, un'eco rapida...).
no: un eco

sì: alcunché
no: alcun che (per evitare confusione in frasi come: Non v'è alcun che voglia tacere.

sì: innanzi tutto
sì: innanzitutto (accettato come unione di grafia [Fonte: Treccani online])

sì: in quanto
no: inquanto

sì: anzitutto
no: anzi tutto (per evitare confusione in frasi come: Non c'è nulla, anzi: tutto.

sì: al di là (nei casi in cui vogliamo esprimere: oltre quel luogo, fisico o mentale, oppure: tralasciando...).

sì: aldilà (soltanto nei casi in cui vogliamo esprimere: l'oltretomba metafisico, metaforico o spirituale.


I punti di sospensione saranno tre, né più né meno.

Qualsiasi altra forma azzardata risulterà scorretta, e faciliterà la fuga della concentrazione, poiché da qualche parte, nella nostra testa è stampata, sempre in agguato, la perfezione che abbiamo assimilato sui libri rispettabili.

Il puntoVirgola, questo sconosciuto.
È un segno utilissimo che, tuttavia, viene puntualmente snobbato dai più. Serve nei periodi lunghi in cui il punto fermo potrebbe distogliere dalla concentrazione quando desideriamo esprimere un tratto tutto d'un fiato.
Vediamo:
«Oggi è stata una giornata bellissima, ho fatto mille cose, tutte ben realizzate; non c'è stato un solo attimo di noia né eventi che potessero distrarmi dalla mia passione: la scrittura. Che bello il ticchettio dei tasti, le lettere che scorrono sulle righe come fossero l'estensione dei miei pensieri; ondate di idee che giungevano limpide e ordinate; una giornata in cui sognavo di essere uno scrittore !».

Serve anche quando vogliamo rafforzare o spiegare il senso della frase o del periodo che va concludendosi:
Ieri, in autostrada, un camionista sembrava alticcio, mi ha tagliato la strada durante un sorpasso; me la sono vista brutta!



El puppappero

po – pò – fà – fa’ - sta' – stà - stò – bè – dò - bhe – n'e – nhe - nè...
Errori comunissimi, ma non per questo trascurabili...
Se scriviamo po oppure , la pronuncia della sillaba non cambia; perché dunque usare un accento senza utilità, e pure scorretto?
Presto detto: un po' è il troncamento di "un poco"; il segno che merita non è un accento bensì un apostrofo che segnala l'omissione di "co".

Fa, se si tratta della nota musicale, va scritto, per distinguo, con la F maiuscola, ancor meglio se: FA.
Gli altri fa sono: un imperativo per la seconda e un coniugato alla terza singolare, e non necessitano di alcun accento; nascono e vivono così poiché, nel tempo, l’imperativo ha perduto anche l’apostrofo.

Sto, verbo, funziona allo stesso modo di fa.
Sta (come sopra)
Ben altra cosa è 'sta, il troncamento anteriore di "questa", una forma dialettale, utile nel discorso diretto qualora il testo preveda un personaggio, appunto, dialettale.

Attenzione, affinché non si creino malintesi o confusione nel testo:
, verbo in terza, va accentato, per distinguerlo dalla preposizione: da
Medesimo accorgimento vale per , verbo all’imperativo, che va accentato affinché sia distinguibile dalla preposizione: di.
Vale anche per: , che sta per giorno, e per: e , distinguendoli - dal pronome e dall'articolo - quando esprimono un luogo.
Vediamo:
«Sta lì un po’ e dì la verità sui fatti di quel dì, se non ti dà fastidio. Puoi andare di là o di qua, ma sarà meglio che tu non ti muova da lì.»

, affermazione, va accentato affinché possa distinguersi con certezza dalla particella nominale si (si fanno... si dice...).

Beh - esclamazione - vive bene così, quando esprime l'incertezza di colui che inizia una frase non avendo chiaro in mente quel che vorrebbe dire e, di fatto, dovremmo usarlo solo seguito da punti di sospensione.
Può avere, però, un'altra accezione, che ne cambia decisamente il significato, nelle forme:
va be' e be'. Anche questi sono troncamenti, di: bene, e necessitano dell'apostrofo, come avviene con: un po'.
Ad inizio frase, sarà corretto:
«Va be', ci siamo».
«Be', ci siamo».
«Va be', siamo pronti!».
«Be', siamo pronti?».
«Va be', partiamo!».
«Be', partiamo?».
«Va be', ma cosa vuoi farci?».
«Be', ma che vuoi farci?».
E in altre occasioni in cui be' significa, senza dubbi di sorta: bene.

Se e
Fatto salvo il se introduttivo del periodo ipotetico, rimane valida una convenzione che riguarda il sé pronominale, ovvero potremmo* scrivere:
se stesso
e...
se stessa
senza l'occorrenza dell'accento.
Altrettanto corretta, poiché nativa, è la scelta di:
sé stesso
sé stessa

sé stessi
sé stesse
.
Tuttavia, nei due casi finali, abbiamo a che fare con "materiale" che può generare confusione in concomitanza degli omografi:
*se (io) stessi...
*se (tu) stessi...
*se (lei) stesse...
Sceglieremo, dunque, la forma che più si addice per scongiurare ogni possibile fraintendimento. Fatta la scelta, dobbiamo - però - mantenerla costante in tutti i tratti in cui li useremo, dall'inizio alla fine, per tutto il testo.
Va da sé, invece, la correttezza, ineludibile, di:
(tenne) a sé
(volle) per sé
(portò) con sé
(parlò) di sé
una faccenda a sé stante
(pensò solo) a sé medesimo
Ognuna delle preposizioni semplici (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra) può precedere il pronominale riflessivo.

Ne e
Una frase, ortograficamente corretta, può essere: «Non ne occorrono altri, né bianchi né neri».
Oppure:
«Ce n'è? Sì, però ne occorrono altri; ne vale la pena».

Ora vediamo:
«Non siamo artisti né politici, ne siamo coscienti. Siamo persone semplici».
Significa che sappiamo di non essere artisti e che non siamo stati eletti poiché siamo persone semplici.
Se invece scriviamo...
«Non siamo artisti né politici, né siamo coscienti; siamo persone semplici».
... significa:
«Non siamo artisti, non siamo stati eletti e non siamo coscienti (stiamo dormendo) poiché siamo persone semplici».
Obiezione, Vostra... Insipienza: le persone semplici non sono necessariamente incoscienti, né dormienti !
Ecco, dunque, cosa può generare un segnetto (non) insignificante come un accento mal collocato.



Fonte: autonoma (me medesimo).
view post Posted: 28/10/2015, 18:48 Son semper mi - Benvenuti!
Ciao gente, ciao MicioGatta (già) T'Mir, :P

dopo così tanti anni, non pensavo che tu avessi ancora in vita questo forum. Stavo facendo uno scavo archeologico nel mio backup di posta e ho provato a lanciare un messaggio preistorico che avevo conservato.
Come potrei non apprezzare la tua passione per la nostra bistrattata lingua?
Come redattore, attivo nell'editing, faccio come te: non perdo occasione per postare bignamini antistupro verso l'idioma italico.
Frequento forum di questo circuito in cui trattano la Narrativa e la Poesia. Si tratta di piazze in cui giovani, e meno tali, si prodigano nel postare i loro lavori. Talvolta c'è da mettersi le mani nei capelli (che ho ancora, tutti), ma in altri casi scopro giovani che sanno davvero inventare ed esporre racconti avvincenti. Attualmente va forte il Fantasy e il Cyber Punk.
Tornando ai bignamini: ho scritto numerosi pezzi sull'interpunzione, sull'uso dei congiuntivi, sull'ortografia, e persino sulle parti che compongono la struttura di un narrato. Ho ancora il tuo meraviglioso I naviganti, racconto Fan Fiction in cui ho scoperto - anche - il tuo fantastico senso dello Humor.

Ora, spero non ti dispiaccia, vado a postarti uno dei suddetti bignamini.

AxumInvadente :woot:
11 replies since 8/10/2013